Come si determina il reddito agrario e domenicale dei terreni?
I redditi riconducibili alle attività agricole si distinguono in redditi agrari e redditi dominicali.
Aggiornato al D.lgs. 192/2024 e alla Circolare AE 12/E del 8 agosto 2025. Le modifiche si applicano ai redditi prodotti dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 (per i contribuenti con anno solare, dal 2024).
Il reddito dominicale
È definito come “la parte dominicale del reddito ordinariamente ritraibile dal terreno attraverso l'esercizio di attività agricole” (art. 27 TUIR) ed è determinato sulla base delle tariffe d’estimo catastali, più volte rivalutate nel corso degli anni, per ciascuna qualità e classe di terreno (art. 28 TUIR).
Il reddito dominicale attualmente è rivalutato dell’80% e ulteriormente del 30%. Quest’ultima rivalutazione non si applica nel caso di terreni agricoli (anche non coltivati) posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti alla previdenza agricola.
Le tariffe variano in funzione delle colture effettivamente praticate e possono ridursi o aumentare a seguito di fattori naturali (calamità, fitopatie, eventi eccezionali).
In tali casi, ai sensi dell’art. 30 TUIR, occorre una denuncia di variazione colturale all’Agenzia delle Entrate–Territorio:
- variazioni in diminuzione → effetti nello stesso anno della perdita, se la denuncia è presentata entro il 31 gennaio dell’anno successivo;
- variazioni in aumento → stessa scadenza, ma gli effetti decorrono dall’anno successivo a quello in cui si è verificata la variazione.
Novità dal 2025: per i terreni soggetti al monitoraggio AGEA (PAC), la denuncia non è più richiesta al contribuente, in quanto i dati colturali vengono trasmessi direttamente da AGEA all’Agenzia delle Entrate. L’obbligo di presentazione entro il 31 gennaio rimane invece per i terreni non monitorati.
Infine, se la perdita di reddito supera il 30%, il reddito dominicale non concorre alla formazione del reddito imponibile.
Il reddito agrario
Il reddito agrario è rappresentato dalla parte del reddito medio ordinario imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’attività agricola, come definita dall’articolo 2135 del codice civile (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento e attività connesse).
Novità dal 2025
Con il D.lgs. 192/2024 è stata modificata la definizione di reddito agrario nell’art. 32 TUIR:
- prima era calcolato come la parte del reddito medio ordinario imputabile al capitale e al lavoro “impiegati nei limiti della potenzialità del terreno”;
- ora, a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, il reddito agrario è riferito alle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c. (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse).
In altre parole, sparisce il criterio della “potenzialità del terreno” e la disciplina viene pienamente allineata alla nozione civilistica di attività agricola, rendendo più chiara la distinzione con il reddito d’impresa.
Anche il reddito agrario, come il reddito dominicale, è calcolato sulla base di tariffe d’estimo stabilite per ciascuna qualità e classe secondo le norme della legge catastale, più volte rivalutate (art. 34 TUIR), ed è considerato inesistente se l’attività agricola non è svolta per cause naturali o per semplice mancata coltivazione.
Attualmente il reddito agrario è rivalutato del 70% e ulteriormente del 30%. L’ulteriore rivalutazione non si applica nel caso di terreni agricoli, anche non coltivati, posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti alla previdenza agricola.
Le attività produttive di reddito agrario sono definite dall’articolo 32 del TUIR e da altre disposizioni normative specifiche (ad esempio, l’acquacoltura, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 102 del 1992, o la produzione di energia elettrica da biocombustibili di origine forestale, ai sensi dell’articolo 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005).
Elemento caratterizzante del reddito agrario è che deriva dall’esercizio normale delle attività agricole. Tale principio segna il discrimine tra attività produttiva di reddito agrario e quella che genera reddito d’impresa, ed è precisato in varie disposizioni volte a individuare la linea di confine tra le due tipologie di reddito.
Ad esempio:
- per l’allevamento di animali, l’attività è considerata agricola se almeno un quarto dei mangimi deriva dai terreni utilizzati,
- per la produzione di vegetali in serre o strutture fisse o mobili, anche provvisorie, la superficie destinata non può eccedere il doppio di quella del terreno su cui insistono,
- dal 2025, con le nuove lettere b-bis e b-ter dell’art. 32 TUIR, rientrano nel reddito agrario anche:
- la produzione di vegetali in immobili accatastati (colture “indoor”), entro i limiti fissati dal decreto MEF–MASAF e con criteri transitori già previsti;
- i proventi da beni, anche immateriali, ottenuti da attività agricole “green” (es. crediti di carbonio certificati), nei limiti dei corrispettivi delle cessioni di beni agricoli ex art. 2135 c.c.
Oltre tali limiti, i redditi eccedenti concorrono come reddito d’impresa ai sensi dell’art. 56-bis TUIR.